Prove tecniche di alleanze in vista delle prossime elezioni regionali. Con o senza De Luca. Del resto basti pensare alla centralità del governatore salernitano in questa fase per capire che il capitolo alleanze è rimandato al giorno dopo la senza della Consulta. In sostanza tutti sono appesi alla decisione di un organo dello Stato che nei fatti ha bloccato la partita in Campania. Da destra a sinistra si consumano riunioni e telefonate ma in sostanza non emergono iniziative politiche legate a mettere in piedi progetti di superamento che incarnino la discontinuità all’ex sindaco di Salerno. Nessuno lo vuole ma nessuno osa partorire una vera alternativa di governo. Il fronte anti De Luca non decolla. A destra le “autocandidature” di Martusciello, Zinzi e Cirielli rendono impossibile una sintesi politica capace di produrre un progetto politico alternativo al centrosinistra. Chi mastica un po’ di politica sa di cosa parliamo. Se tutti vogliono candidarsi significa che il candidato vero non c’è. Ma se Atene piange Sparta non ride.
Come dicevano qualche giorno fa il famoso Campo Largo senza il centro in decolla. Il Pd guidato dal capogruppo Mario Casillo si è perso nei meandri del politichese, totalmente incapace di mettere in piedi un’iniziativa a sfondo politico che sappia guardare oltre De Luca. O quantomeno in continuità coi risultati prodotti in 10 anni di governo regionale. E nessuno osi confondere il voto sul terzo mandato (per farla in breve) in consiglio regionale col sostegno alla ricandidatura di De Luca. Ma di questo ne riparleremo nei prossimi giorni. Andiamo avanti. Nessuno finora si è posto un quesito grande quanto una casa. O perlomeno nessuno l’ha fatto pubblicamente. Il quesito è il seguente. Cosa accade se De Luca è candidato? Oppure cosa accade se De Luca non è candidato? Abbassiamo i cori da stadio e mettiamo a centro io ragionamento. La nostra sensazione è che in entrambi i casi il capo della giunta regionale incida nel bene e nel male nelle scelte dei partiti in Campania. Da vero ago della bilancia. Per un motivo semplice. De Luca fa il governatore da 10 anni. Condivisibile o meno tutte le scelte in campo politico e amministrativo fatte nell’ultimo decennio sono passate fra le sue mani. Sembra paradossale ma è così.
Tuttavia De Luca ha preferito la fedeltà alla qualità lasciando le forze politiche che compongono la sua coalizione al ruolo di comprimari. In parole povere la pura gestione della Regione Campania è stata fatta, utilizzando un linguaggio tanto caro alla sinistra, in capo all’uomo solo al comando. Ovvero Vincenzo De Luca. Il che ha prodotto disastri sul piano della partecipazione alla vita politica. Ma non vogliamo dilungarci troppo su temi su cui ci concentreremo nei prossimi giorni. Passiamo alla prospettiva. Ipotesi numero uno. La Consulta dà l’ok alla ricandidatura. A nostro avviso De Luca in campo mette all’angolo il Pd e vince le elezioni. Senza se e senza ma. Proprio per i motivi citati prima. Essere al timone di una regione per 10 anni senza opposizione produce i suoi frutti. A questo dato aggiungiamo che le liste “collegate” a De Luca, ovvero Campania Libera e “De Luca Presidente”, alle elezioni regionali del 2020 ottennero insieme quasi il 20%. Non proprio briciole. Dinanzi a questi elementi schiaccianti lasciamo a voi ogni interpretazione. Nella seconda ipotesi la Consulta nega la ricandidatura di De Luca. Ma anche qui occorre una riflessione. Siete proprio sicuri che De Luca sia fuori dai giochi? E che fine fanno i voti che gli abbiamo attribuito? Che fine fa il partito di De Luca? Ve lo diciamo noi. De Luca diventa centrale perché vale almeno il 15%. Ripetiamo. Date un’occhiata alle liste strettamente legate a De Luca. Date un’occhiata ai consiglieri regionali in carica riconducibili alla sua corte e fatevi due conti. Quindi? Il dado è tratto. Se De Luca resta al centro della scena politica il Pd a quel punto deve sbloccare la partita: avviare la trattativa e condividere con De Luca il candidato del centrosinistra. A meno che il partito di Elly Schlein non voglia rischiare di rimettere in pista la destra che al momento è pressoché inesistente. Bere o affogare. Il Pd faccia una riflessione e abbandoni la via della sconfitta sicura. A patto che l’accordo con De Luca obblighi i dem alla selezione della classe dirigente aprendo le porte del partito alle energie dentro e fuori il Pd che in questi anni sono state totalmente emarginate in quanto ostili allo stesso De Luca. Chi vuol capire, capisca. Ve lo ripetiamo di nuovo. Bere o affogare.
Il centrosinistra ha la possibilità di vincere le elezioni invertendo la rotta. In che modo? Tornando alla militanza politica, ai congressi veri, alle battaglie politiche sui territori. Anche perché il Pd nazionale ha due anime al suo interno: la fronda centrista e quella di sinistra. A Napoli e in Campania una delle due manca all’appello. E su questo versante De Luca ha parecchio da farsi perdonare. Pure perché se vuole vincere pur da non candidato deve cedere al Pd il nuovo corso. In parole ancora più povere il Pd condivide con De Luca la leadership del futuro capo della giunta regionale ma De Luca delega a chi non la pensa come lui maggiore agibilità politica e nel governo della Regione. Più chiaro di così si muore. Tanto Giorgia Meloni sblocca fondi su fondi in Campania. Ai posteri l’ardua sentenza.