Storico sindaco di Casal di Principe. Amico fraterno di don Peppe Diana. Medico, volontario e una vita a sinistra che ha fatto la storia nel mondo antimafia a difesa del popolo casalese e dell’intero Agro Aversano.
Caro Renato Natale, a distanza di anni c’è chi ancora sostiene che su Terra dei Fuochi nessuno abbia mosso un dito nonostante la sua storia parli da sola. Ci può spiegare una volta per tutte com’è andata l’iniziativa col procuratore Gratteri di qualche giorno fa?
Il Dr. Gratteri ha incontrato numerosi ragazzi del territorio, alcuni in rappresentanza delle scuole superiori ed altri quali militanti delle associazioni promotrici dell’evento. Io, invitato, ho ascoltato dal fondo della sala le domande rivolte dai giovani al Procuratore ed ho ascoltato con interesse ed attenzione le risposte. Ho apprezzato molte delle cose dette. Alla fine della mattinata, in risposta ad una delle ultime domande il Dr. Gratteri, parlando di rifiuti tossici, ha detto che in verità in quegli eventi raccontati da pentiti e da inchieste i cittadini avevano comunque una loro responsabilità perché non potevano non aver visto e notato i camion che venivano a sversare qui da noi. A questo punto non ho potuto esimermi dal richiedere la parola semplicemente per chiarire questo punto visto che io stesso, insieme ad altri compagni del Pci, nel 1988 ho presentato una denuncia pubblica; presentammo un esposto a vari istituzioni sulla presenza di rifiuti potenzialmente tossici in alcune cave, rifiuti galleggianti sulla falda. Era necessaria questa delucidazione per evitare che i ragazzi in sala andassero via con l’idea che i loro genitori, nonni, amici e parenti fossero stati tutti reticenti ed omertosi, cosa non vera. Ovviamente volevo anche dare la giusta informazione su quel periodo al Procuratore. Non era mia intenzione polemizzare con lui o rivendicare un protagonismo ma solo dire una verità. Ma probabilmente sono stato frainteso nelle mie intenzioni e questo in un primo momento ha provocato una reazione del Giudice, diciamo, poco simpatica. Ma credo che dopo il mio intervento abbia compreso cosa volessi dire e il perché.
Dopo 10 anni dalla richiesta ufficiale la beatificazione di don Peppe Diana è ferma al palo e la Diocesi di Aversa non fa nessun passo in avanti. Secondo lei perché tutto questo ritardo?
In verità personalmente non sono mai stato molto affezionato all’idea della beatificazione. Ritengo che don Peppe sia già un eroe civile; testimone di una missione evangelica vissuta in pieno. D’altra parte la possibile beatificazione è compito della Chiesa e non credo spetti a me giudicarne i tempi e le scelte. La santità laica di don Peppe è un dato oramai riconosciuto a livello nazionale ed è importante presentarlo alle giovani generazioni proprio in questa veste: cittadino responsabile, che ha ritenuto suo dovere anche di sacerdote combattere contro l’oppressione del suo popolo. Non bisogna essere né eroi e né Santi per fare questo. Chiaramente se il processo di beatificazione venisse portato a termine ne sarei felice.
Lei è stato sindaco di Casal di Principe per circa 11 mesi agli inizi degli anni Novanta e poi nel decennio 2014-2024. Quali risultati sono stati prodotti durante la sua amministrazione per la comunità casalese?
La prima esperienza di Sindaco nel 1994 fu funestata dalla morte di don Peppe e fu vissuta in un clima estremamente pericoloso e delicato. Allora bisognava dimostrare l’autonomia dai clan dell’Amministrazione e questo comportava certamente pericoli e difficoltà. La seconda esperienza cominciata nel 2014 e durata 10 anni è avvenuta in un momento in cui ci eravamo liberati dalle organizzazioni criminali, grazie allo straordinario lavoro di forze dell’ordine e magistratura ma anche per la crescita di una coscienza civile che aveva costituito l’humus all’interno del quale anche il lavoro dello Stato era stato in qualche modo facilitato. Liberati dalla presenza criminale ma certamente non ancora dalle conseguenze disastrose di quel dominio durato oltre 40 anni. Il Comune era stato sciolto ben tre volte ed aveva subito due dissesti finanziari. Mancavano regolamenti, c’erano scuole disastrate, servizi inefficienti ecc.,ecc. Noi abbiamo provato a ricostruire un assetto comunitario di semplice normalità. Mancava la rete idrica nel 40% della città così come il 40% era senza pubblica illuminazione; mancavano i servizi sociali, vi erano enormi ritardi nelle concessioni urbanistiche, e così via. Abbiamo recuperato tutti i ritardi, abbiamo dato nuove regole nella gestione della cosa pubblica nonostante le enormi difficoltà e nonostante nel percorso abbiamo dovuto confrontarci con le emergenze del covid e della guerra con tutte le conseguenze anche in termini economici che ricadevano sulla nostra gestione finanziaria. Una cosa importante è stata la stabilità amministrativa, con un governo durato due intere consiliature, per dieci anni; è stata l’amministrazione più longeva della storia casalese, e non solo quella dal dopoguerra ad oggi, ma anche quella dei precedenti periodi: fascista e liberal democratica del Novecento.
I suoi detrattori sostengono che lei non abbia coltivato una nuova classe dirigente durante i suoi mandati. Cosa risponde a queste insinuazioni?
La longevità amministrativa risponde in parte alla quarta domanda, sul gruppo dirigente. In questi dieci anni si è messo in campo un gruppo di soggetti che non solo ha collaborato col sottoscritto ma è stato protagonista dei tanti cambiamenti e tanti risultati positivi raggiunti nei due lustri. Questo in politica non si trasforma sempre e automaticamente in una successiva vittoria elettorale. Una dialettica interna a questi gruppi è di per sé segnale di crescita , ma ovviamente andrebbe portata a sintesi per poter unitariamente giungere a confermarsi guida della città. La mancata sintesi fa parte delle dinamiche politiche che abbiamo riscontrato anche in altri contesti e di per sé non significa fallimento di un gruppo dirigente. Del resto il ricambio nella guida della comunità è una caratteristica ed arricchimento dei processi democratici
Lei attualmente ricopre la carica di segretario cittadino del Pd. Vuol fare il segretario a vita o dobbiamo aspettarci una futura candidatura? Magari in consiglio regionale?
Non sono il segretario del circolo PD. Sono subcommissario con il compito di una ricostruzione del partito in questa realtà e l’organizzazione di un congresso che definisca i dirigenti locali. Ho accettato questo compito nella speranza di promuovere luoghi e momenti di partecipazione democratica alla vita della città. Il circolo è anche uno strumento per intervenire su quanto avviene, fare proposte a chi sta amministrando oppure opporsi a scelte che riteniamo sbagliate da parte degli amministratori. Fare il segretario a vita? Ogni cosa che facciamo è destinata a concludersi, come si conclude la nostra vita. Ho 75 anni e per ora sono ancora fisicamente in grado di agire politicamente ma soprattutto “civicamente” ma certamente l’età ha un suo peso nella programmazione del futuro. Cosa accadrà domani non sono in grado di dirlo, ma so dire che una candidatura non è fra i miei progetti futuri.
