Pane al pane, vino al vino. La Consulta “boccia” la possibilità della terza ricandidatura per De Luca. Ora la palla passa (finalmente) alla politica. Ma prima di affrontare il day after ci tocca sottolineare un dato che farà storcere il naso a qualcuno. Condivisibile o meno l’attesa della sentenza della Corte Costituzionale ha bloccato le trattative politiche in Campania. Destra e sinistra hanno sospeso le consultazioni perché reputavano De Luca l’ostacolo da superare. Addirittura l’opposizione prometteva fuoco e fiamme in regione ma ha perennemente litigato coi propri alleati per scegliere il candidato governatore senza mai presentare al proprio corpo elettorale l’alternativa di governo. Ieri Martusciello, oggi Cirielli e domani Piantedosi. Il manicomio senza fine. Una scia di nomi buona per i giornali e per alimentare il chiacchiericcio insopportabile delle stanze del consiglio regionale. Risultato? Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia non hanno la “forza” per vincere le elezioni dopo aver spianato la strada a De Luca negli anni con un’opposizione per lunghi tratti inesistente. Passiamo a sinistra. Il Pd ha “ammesso” candidamente attraverso il commissario regionale Antonio Misiani di avviare le trattative (basta dare un’occhiata al comunicato di ieri sera) per unire il centrosinistra soltanto dopo l’ufficialità della scelta “anti De Luca”. In pratica una mossa ad orologeria. Confermando nei fatti che De Luca era (e a nostro avviso lo è ancora) un ostacolo per chiunque volesse partorire un progetto “contro” di lui e dimostrando altresì di essere il vero ago della bilancia della politica in Campania. Come dicevamo ora però la passa passa alla politica. Oltre ad aver costretto le forze politiche ad attendere la Consulta, De Luca rappresenta almeno il 15% dell’elettorato regionale. Basta dare uno sguardo ai dati elettorali dei consiglieri regionali, partiti e liste riconducibili a lui e alla sua cerchia di fedelissimi. Provincia per provincia. Comune per comune. Fatevi due conti e capirete quanto sia essenziale il coinvolgimento del governatore salernitano nella sinistra del domani. Capitolo Cinque Stelle. Al M5s tocca la scelta del candidato governatore. Può piacere o meno ma è la scelta dei “caminetti” romani, giusto per utilizzare un linguaggio tanto caro alla sinistra. Il pranzo di qualche giorno fa fra Conte e Piero De Luca rientra nella prosa della politica. Ed è una narrazione che obiettivamente ha stancato perfino gli addetti ai lavori. Parliamoci chiaro. Va ripristinata la politica, non garantito l’inciucio. E qui viene il bello. Conte ha la possibilità per la prima volta di inaugurare la stagione della classe dirigente. Ci spieghiamo meglio. L’ex premier si trova al grande bivio. Scegliere ancora la peggiore continuità della politica politicante che cala dall’alto candidati solo perché “allineati” al capo di turno oppure trovare insieme agli alleati la migliore figura che faccia da sintesi per il centrosinistra su criteri legati alla competenza espressa sul campo, all’esperienza amministrativa e così via. Ma non è tutto. In caso contrario Conte ha pensato a come reagirà il popolo campano dinanzi alla minestra riscaldata? Soprattutto per sostituire uno come De Luca? Ingoierà il rospo oppure protesterà votando a destra? La risposta la conoscete già. Anche perché De Luca gode di consensi che vanno oltre gli steccati classici dei partiti esistenti. Il “partito” di De Luca prende voti da destra, da sinistra e perfino degli astenuti perché la sua azione governativa ha convinto gli elettori. L’inaugurazione delle varie strutture ospedaliere, la fuoriuscita dal commissariamento della sanità, la sua comunicazione lontana dal politichese seppur con qualche esagerazione, i concorsi negli enti pubblici indetti dalla Regione hanno raccolto un pezzo della società campana che continua a credere nella sua opera riformista. Altrimenti come fa a essere il terzo governatore più apprezzato d’Italia e il primo del Pd? Come ha fatto a prendere il 70% nel 2020? Anche qui vi lasciamo le dovute considerazioni. Dunque Conte non può non tenere conto di tutto ciò se vuole vincere le elezioni in Campania. In parole ancora più povere Conte unisce il centrosinistra se riparte dai risultati del governo regionale. Che sarebbe un serio criterio politico per scegliere il miglior candidato possibile garantendo parallelamente il salto di qualità in termini politici. Un vero e proprio rinnovamento dentro i Cinque Stelle, ancora senza una classe dirigente strutturata sui territori, e per il Pd che si liberebbe dei “capetti” locali che ricoprendo ruoli apicali in consiglio regionale mettono le mani sui coordinamenti provinciali escludendo chi non la pensa come loro. Risultati? L’estinzione della politica e l’azzeramento della partecipazione alla vita del Pd rendendolo una congrega del capocorrente di turno. In altre parole un commissariamento infinito che allontana le migliori energie dal Pd. Dunque Pd e M5S non abbiano timore a trattare con De Luca per il futuro della regione senza tuttavia rendere la trattativa una noiosa partita a scacchi. Conte può. Conte deve. Altrimenti lunga vita ai mediocri, alle quarte linee e ai portaborse spacciati per statisti.